Abbiamo creato questo progetto perché crediamo che lo sport possa cambiare positivamente la società. Incoraggiamo soprattutto le ragazze ad appassionarsi allo sport, dato che la nostra tradizione non consente alle donne di partecipare o quantomeno non consente loro di migliorare ed entrare a livello agonistico nel mondo dello sport.
Con le nostre squadre abbiamo voluto proprio rompere questa mentalità, dando alle ragazze uno spazio sicuro e le condizioni minime per poter esercitare in tranquillità una passione atletica. Crediamo nel diritto al gioco per i bambini, per i maschi e per le femmine. Con le squadre femminili siamo andati 4 volte all’estero, in Irlanda, a Roma, nei Paesi baschi, abbiamo giocato, a volte vinto, altre perso, ma abbiamo colto l’occasione per affermare il nostro diritto a vivere in pace, il nostro diritto a restare a casa nostra, il nostro diritto a fare sport, e quello a supportare la causa palestinese. Usiamo lo sport per far arrivare il nostro messaggio e far sapere a tutti quello che stiamo vivendo, cosa vuol dire vivere sotto un’occupazione, oppure come si vive nella nostra condizione di profughi in Libano, dove ad esempio c’è una legge crudele che vieta ai palestinesi di accedere a 43 diversi lavori.
Attraverso lo sport cerchiamo anche di dare dei consigli ai giovani, ad esempio insistiamo affinché si concentrino sulla scuola e non abbandonino gli studi. Sono molto fiero dei ragazzi e delle ragazze delle nostre squadre. Devo dire che molte cose le ho imparate da un coach italiano, Renzo Olivieri, che ringrazio anche tramite questa intervista. Lui mi diceva sempre di lavorare per il “noi”, per la collettività, mai per un singolo o per me stesso. E spero di riuscire a seguire sempre i suoi consigli.

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