Essere un hacker significa rompere. Non solo rompere righe di codice o siti, ma non dare nulla per scontato e rompere lo status quo.
Ho spesso rotto nella mia vita: con il mio programma radiofonico; con la conferenza degli hacker che organizzo a New York ogni due anni; con la rivista 2600.
Ma forse la mia rottura più famosa è stata quando, nel 1999, ho deciso di pubblicare il codice sorgente di un hack, che permetteva di superare i codici di sicurezza dei DVD.
Il programma, chiamato DeCSS, permetteva di aggirare i blocchi regionali sui DVD, in modo che i filmati potessero essere visualizzati su qualsiasi PC.
Sono stato denunciato dalla Universal Studios e mi sono difeso – di concerto con la Electronic Frontier Foundation – sostenendo che il codice non è altro che un insieme di parole e che la libertà di parola è protetta dalla Costituzione degli Stati Uniti d’America.
Ho perso la causa, ma il processo ha portato all’attenzione pubblica il problema della libera diffusione dei codici informatici in quanto libera espressione umana.
E questa, di per sé, è una vittoria.

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