“La rottura che sento di aver fatto è quella del muro della segregazione culturale. Si parte dall’idea che la donna si occupa dei temi che riguardano le donne, e non di ambiente, di mobilità sociale, di quale sistema economico regola la nostra società. Il migrante dovrà parlare solo di migranti, guai a lui se inizia ad avventurarsi su argomenti che hanno a che fare ad esempio con la crisi climatica. Lui non c’entra, e viene dato per scontato che non sia in grado di elaborare pensiero. Non sto dicendo che io posso e sono in grado, ma per lo meno vorrei provare, come fanno tutti gli altri.
Questa sorta di segregazione culturale ha a che fare con il residuo di quello che ha accompagnato la colonizzazione, anche culturale. La mia è stata una rottura di ciò che si muove all’interno del tessuto sociale: “Parliamo di loro soltanto quando devono parlare della loro condizione, quindi sono donne devono parlare di questioni femminili, sono migranti devono parlare solo del permesso di soggiorno, questi soggetti appaiono ogni tanto e ci ricordiamo della loro esistenza”

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